Intelligenza artificiale come materializzazione del sacro

Nel 2019 Gabriele Trovato, ingegnere informatico italiano professore associato allo Shibaura Institute of Technology di Tokyo, ha realizzato SanTO (Sanctified Theomorphic Operator), una sorta di edicola votiva con tanto di piccola statua di un santo con funzioni interattive. Il robot “parte” accendendo una candela elettronica posta davanti alla edicola e la sua funzione principale è quella di essere un compagno di preghiera (soprattutto per gli anziani), contenendo una vasta quantità di insegnamenti, tra cui l’intera Bibbia. SanTO incorpora elementi dell’arte sacra, tra cui il rapporto aureo, per trasmettere la sensazione di un oggetto sacro, abbinando forma e funzionalità. 

Esiste anche una versione successiva della macchina, in mostra permanente presso il Copernicus Science Centre di Varsavia, alta un metro e con contenuti in tre lingue e una particolare attenzione alle parole di Papa Giovanni Paolo II.

SanTo è stato sottoposto anche ad un test in una chiesa in Perù: 30 persone hanno accettato di compilare un questionario dopo aver interagito uno per uno con il robot. L’obiettivo era capire se SanTo riusciva ad essere percepito come qualcosa di sacro.  Dai risultati si evinceva che più i partecipanti percepivano le statue e le figure dei santi come oggetti sacri e più erano disposte a riconoscere la sacralità di SanTo sottolineando così l’importanza del rispetto di determinati canoni di “design”.

Si tratta di un fenomeno ampiamente teorizzato dalla studiosa della santità Sofia Boesch Gajano. Ogni immagine di un santo rappresenta un ‘ponte’ tra la realtà del personaggio e il pubblico. In altre parole, l’immagine è un intreccio tra memoria storica e memoria cultuale e per diventare espressione e supporto al culto, le immagini non possono solo coinvolgere emotivamente il pubblico – attraverso, ad esempio, il piacere estetico – ma devono alimentare anche la devozione.

L’uso di un robot come SanTo (ma non è il solo esempio in questione) ripropone il tema del mezzo religioso teorizzato da Birgit Meyer, antropologa e studiosa di religioni all’Università di Utrecht, che definisce: «La religione come una pratica di mediazione tra gli esseri umani e il trascendente professato, che richiede necessariamente specifici supporti materiali, cioè forme autorizzate attraverso le quali il trascendente viene generato e diventa in qualche modo tangibile» (Meyer, 2013, p. 8). Le cosiddette forme sensazionali che permettono al contenitore (il robot) e al contenuto (una AI) di generare sensazioni religiose «attraverso le quali ciò che non è “lì” e “presente” in modo ordinario può essere sperimentato, più e più volte, come disponibile e accessibile».

Detto in altre parole, le forme sensazionali, ‘materializzano’ il sacro.

PER SAPERNE DI PIÙ

Boesch Gajano, S. (2005). La santità. Laterza.

Meyer, B. (2009) Aesthetic Formations: Media, Religion and the Senses. Macmillan.

Meyer, B. (2013). Material Mediations and Religious Practices of World-Making. In Religion Across Media. From Early Antiquity to Late Modernity, pp.1-19.

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